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Autore: Beatrice Bonucchi 14 mag, 2021
La formica vive in colonie efficienti che possono contare milioni di esemplari. Le formiche hanno mansioni diverse in base al ruolo che rivestono dentro al formicaio, ma è la collaborazione tra ognuna di loro alla base del loro successo evolutivo. Grazie a stimoli chimici, le formiche comunicano e si coordinano per trasportare carichi estremamente pesanti; per riuscirci alternano il lavoro di squadra a momenti in cui una sola formica prende l'iniziativa per tutto il gruppo. Essere formica è provare che insieme “si può” ciò che da soli “non si può” e la scelta individuale sta nell’accettare quest’evidenza. Essere formica permette di sperimentare come, grazie alla forza del gruppo, ciò che sembra impossibile da realizzare individualmente diventa possibile. Come le formiche, anche le persone possono raggiungere risultati insperati attraverso la collaborazione. La chiave di volta delle relazioni diventa la collaborazione quando è basata sull’equilibrio di due forze: quella individuale in sinergia con quella del gruppo. È necessaria la consapevolezza di chi, pur avendo una propria meta, è disposto a lavorare con altri per raggiungerla. Gli altri smettono di essere un mezzo per ottenere quel che si vuole e acquistano valore come parte integrante della creazione del risultato. La comunicazione efficace trasforma un semplice insieme in un gruppo di lavoro. In una vera squadra, i ruoli e le mansioni aiutano ad esprimersi e a dare il proprio contributo, senza paura del giudizio, ponendo il risultato comune come un traguardo personale.
Autore: Beatrice Bonucchi 28 apr, 2021
La carpa è un pesce che tende a stare sul fondo. La si trova in acque calme e stagnanti, ma riesce a nuotare anche controcorrente. La carpa è sempre in movimento. Colpisce con i suoi colori brillanti e variegati. Essere carpa significa vivere i giorni tranquilli con entusiasmo e dinamismo e i giorni faticosi con altrettanto entusiasmo e dinamismo. Essere carpa è comprendere che il movimento interiore ed esteriore allena alla bellezza in ogni istante. Essere carpa è godere dei momenti di tranquillità senza darli per scontati, avendo la curiosità di capire dove porterà la corrente. Essere carpa è sentirsi ispirati dalle sfide della vita, è reagire difronte all’andamento della vita, senza darsi per vinti. Essere carpa significa scegliere il movimento che fa uscire da se stessi, per mettersi alla ricerca del mondo. Muoversi verso gli altri, guidati da un sincero interesse, libera da un rimuginare inutile e fine a se stesso. Il movimento diventa ossigeno ed energia per le proprie giornate. Solamente in questo modo si può sperimentare che le correnti della vita, anche quelle avverse, possono svelare la bellezza interiore di ogni persona. Essere carpa è permettersi di essere colorati agli occhi di sé stessi e di conseguenza anche degli altri, ogni giorno della propria vita, che sia di bonaccia o che sia di tempesta.
Autore: Beatrice Bonucchi 28 apr, 2021
L’ape sembra instancabile e forse lo è: lavora sotto gli occhi di tutti senza esserne infastidita. Il suo lavoro trasforma "qualcosa" in molto altro. Il miele, il suo stesso cibo, diventa nutrimento anche per altri. Il lavoro dell’ape mette ali a chi ha radici, contribuendo all’impollinazione di quasi il 70% delle piante del pianeta. Essere ape significa essere instancabile nel raggiungere la propria meta, riuscendo ad ottenere energia dal proprio impegno, invece che perderla. Essere ape è sperimentare che solo l’impegno per realizzare i propri sogni rinnova la voglia di riprovarci tutti i giorni. Essere ape significa lavorare per se stessi, consapevoli che il proprio agire avrà effetti anche sugli altri. Essere ape aiuta a focalizzarsi meglio sui propri obiettivi sapendo che, al di là di quello che ognuno fa quotidianamente, la vita di ognuno è un bene che porta ricchezza a tutti; questo permette di aprire il proprio orizzonte professionale e personale, comprendendo che l’impegno di ognuno diventa una risorsa per tutti; da qui svanisce la paura del confronto o della competizione. Essere ape è sperimentare che quello che si fa, per cui ci si impegna, non si ferma solo a se stessi: fare bene il proprio compito diventa una responsabilità verso tutti gli altri. Ogni singolo percorso diventa parte di un percorso collettivo a cui tutti partecipano.
Autore: Beatrice Bonucchi 28 apr, 2021
La libellula, animale antico che sembra arrivare in volo da lontano. Il piccolo di libellula non ha le ali ed è considerevolmente più grande dell’adulto. Perfetta macchina di volo, capace di librarsi immobile nell’aria, può virare repentinamente e addirittura volare all’indietro. Essere libellula è ricordarsi che il tipo di percorso è importante, tanto quanto quello che si vuole ottenere. Essere libellula è la consapevolezza che “il viaggio è importante quanto la meta”, è riuscire a godere del presente, senza essere prigionieri del passato o del futuro; è sperimentare che sottoporsi ad una lunga preparazione al volo, fin dalla propria infanzia, non è perdita di tempo, ma è gestazione di emozioni e soprattutto di sentimenti. Più il tempo passa, più si diventa consapevoli delle proprie potenzialità, ed è allora che si è pronti a volare e a lasciare quello che non serve più. Per volare serve saper anche "stare fermi muovendosi": osservare prima di agire, pensare prima di parlare, sognare prima di progettare. Essere libellula consente di mettere a frutto tutta la propria esperienza di vita, a cui spesso non si dà il giusto valore. Essere libellula è comprendere che ognuno si merita di raggiungere la propria meta, facendo tutto il percorso che serve per arrivarci.
Autore: Beatrice Bonucchi 12 ott, 2020
Senza titolo 169 di Aeneas Wilder (2013) -Scultura nel Museo all'aperto di Arte Sella a Borgo Valsugana TN
Autore: Beatrice Bonucchi 10 ott, 2020
“Bel giorno!” è un augurio che usano consapevolmente le persone che hanno partecipato al percorso Il Vantaggio di Essere Essenziali perché hanno intuito che, senza il cambiamento interiore, non ci può essere il cambiamento nel mondo. In questi giorni si sente spesso parlare di cambiamento principalmente in chiave economica e sociale, spesso si discute sulle cose che non sono più come prima e sulle incertezze del futuro. Alcune persone si dicono preoccupate su come cambieranno le cose, come se il cambiamento debba ancora avvenire, altre si lamentano che non percepiscono il cambiamento e che tutto sta tornando come prima. Ma qualcosa è davvero cambiato: le persone. Lo testimoniano le inquietudini, la stanchezza di cui si fa fatica a parlare, la sensazione di molti di essere stati meglio durante il periodo di lockdown, il diverso approccio al lavoro rispetto a prima. In questo senso abbiamo proposto alle persone che abbiamo incontrato di affrontare il cambiamento a partire da sé stessi, da qualcosa di semplice ma ricorrente nelle nostre giornate: un saluto. Per alcuni il buongiorno è una convenzione, ma in realtà, se ci pensiamo augurare ad un’altra persona che un giorno sia buono ha un significato preciso. Ci si chiede mai cosa si desidera augurare con l’espressione “buon giorno”?! Come si caratterizza una buona giornata? Spesso si misura una buona giornata in base a quante cose si riescono a fare, e il bilancio a sera riguarda quanti elementi si sono depennati dalla propria lista personale. Una giornata quindi è buona di solito perché tutto è andato nel verso giusto, perché le persone hanno ottenuto tutto quello che volevano. Quando auguriamo “buon giorno” a qualcuno, stiamo augurando a quella persona che la sua giornata sia produttiva e che possa ottenere tutto quello che si è prefissato. È come se dicessimo: “ti auguro di raggiungere tutto quello che puoi e vuoi!” Ma se ci pensiamo bene riuscire in quello che si può e si vuole resta una responsabilità personale e le persone dovrebbero riuscirci al di là degli altri e del loro interessamento. “Bel giorno!” invece è ribaltare la prospettiva, è augurare a qualcuno che la giornata sia bella a prescindere da quante cose si è potuto realizzare, “Bel giorno!” è augurare di riuscire a vivere una giornata come degna di essere vissuta non tanto in base alle cose realizzate o ottenute, ma solo per il fatto di poterla vivere in tutte le sue sfaccettature. Sicuramente raggiungere obiettivi e fare quello che si è progettato, regala soddisfazione ma la bellezza della vita è veramente solo quello che si riesce a realizzare? È possibile godere di tutto quello che la vita offre o le persone hanno bisogno di conferme attraverso gli obiettivi che raggiungono? Quando la vita impedisce di fare quello che una persona vuole, spesso sorge la sensazione di incompletezza, la frustrazione di non aver fatto abbastanza, ci si focalizza di più su quello che si pensa di aver perso che su quello che si può ancora fare. Augurare “bel giorno!” significa: “Spero tu possa vivere questa giornata per quella che è, e ti auguro che, al di là dei tuoi successi e delle cose che non sono andate, tu possa dire a sera: “Mi è proprio piaciuto vivere questa giornata!”
Autore: Beniamino Bacci 03 ott, 2020
“Tutto quello che è successo nei primi mesi del 2020 ha dato una bella scossatina al nostro piccolo mondo.” Non sappiamo ancora fino a che punto cambierà il nostro modo di vivere. Di sicuro ha messo in discussione tante cose, a livello economico, sociale, nella nostra vita di relazione con gli altri. Una cosa abbiamo toccato con mano: l’importanza delle connessioni tra le persone, di tutto il mondo. Abbiamo preso più consapevolezza di quanto dipendiamo dagli altri, da un sistema sanitario, da una economia solidale, dalla necessità di collaborare per superare ostacoli più grandi di noi. Qualche anno fa un Professore d' immunologia molecolare al Collège de France fece una riflessione interessante sull’Altruismo (Philippe Kourilsky - Manifesto dell' altruismo) definendolo come “la deliberata attenzione prestata da un individuo alle libertà individuali dell' altro, con la deliberata intenzione di difenderle e svilupparle ulteriormente.” L’altruismo non deve più essere una spinta emotiva “disinteressata”, basata su qualche sporadico impulso di generosità o empatia. L’altruismo, in questa nuova definizione, che è stata etichettata anche come “Ego-altruismo” è più una forma di “dovere”, una spinta anche e, soprattutto, razionale: ci si occupa degli altri, delle loro libertà e dei loro diritti, perché solo in questo modo si può stare bene. Si sceglie la collaborazione, la cooperazione, la voglia di comprendere l’altro perché si è profondamente consapevoli che questo porterà benefici al singolo individuo, e, di conseguenza, alla società formata da individui. L’ego-altruismo è una forma di responsabilità sociale e individuale: così una azienda si preoccupa e si occupa concretamente dei suoi dipendenti, ma anche del territorio dove opera, della qualità dell’aria e dei fiumi, del benessere dell’intera comunità; perché sa che questo fa prosperare l’azienda stessa; così ogni persona può impegnarsi nel proprio lavoro e nella propria vita personale per difendere e sviluppare il benessere del vicino di casa, del collega di lavoro, dell’insegnante del figlio, di ogni persona con cui interagisce; perché in questo modo si costruisce un ambiente sano in cui vivere. Il Covid-19 ci ha costretto a chiuderci nelle nostre case, ma ci ha permesso di riscoprire l’importanza di certi rapporti e la mancanza di altri. Ci ha fatto riscoprire “l’altro”; e “l’altro”, con le sue emozioni, i suoi desideri e le sue battaglie da combattere, spesso è molto simile a noi; al punto da poter dire, in fondo, che “l’altro siamo noi”… Ego-altruismo è, quindi, occuparsi degli altri perché ci servono, e se questa affermazione suona un po’ stridente, pensiamo ai suoi effetti: nel momento in cui la collaborazione fattiva, sincera e responsabile sostituisce l’individualismo, nel momento in cui la fiducia prende il posto della paura, ne scaturisce un’armonia del vivere quotidiano, in famiglia, sul posto di lavoro, nelle nostre città, che ci permette di affrontare ogni tipo di crisi. Il rispetto di questo sistema, del nostro pianeta e di tutti gli esseri viventi che lo abitano è la base da cui ripartire. Solo se lo abbiamo compreso bene possiamo essere certi di far parte di questo eco-sistema, dove siamo tutti interconnessi.
29 set, 2020
Abraham Maslow, il grande psicologo umanista che ha teorizzato la scala gerarchica dei bisogni , amava moltissimo le fragole; come suo figlio. Sua moglie viziava entrambi facendogli trovare fragole a colazione. “M io figlio ”, disse una volta Maslow, “ era impaziente e impetuoso, come tutti i bambini, incapace di assaporare lentamente i cibi che gli piacevano per prolungare il piacere, svuotava il piatto in un attimo, poi guardava con nostalgia il mio, ancora quasi pieno. Ogni volta io gli davo le mie fragole. Mi ricordo benissimo che quelle fragole mi piacevano ancora di più quando le mangiava lui… ” I doni che richiedono un sacrificio, che impongono una rinuncia a qualcosa ardentemente desiderato o che richiedono uno sforzo, un superamento di un limite, hanno un valore davvero speciale. Alla luce di questa storia, qual'era a vostro parere, il bisogno che riusciva a soddisfare Abraham Maslow, quando lasciava le sue fragole al figlio?
Autore: Pier Luigi Iafelice 05 set, 2020
La riapertura segna la fine di questo esperimento ma coincide con l’inizio di un altro tipo di esperimento, tornare ad interagire con gli altri in uno scenario di nuova normalità, tutta da ricostruire.
Autore: Pier Luigi Iafelice 05 set, 2020
Per capire che cosa è cambiato sia interiormente che esteriormente bisogna mettersi alla ricerca degli altri, bisogna aver voglia di riscoprire le persone, a partire da se stessi.
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